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Mi piace il giro di controllo del sabato pomeriggio d’estate. Quando arrivo il museo è già chiuso e le sue meraviglie sono solo per me. Silenzio e solitudine.
Salgo il vasto scalone e mai come ora la mia mente è sgombra e i pensieri limpidi. Inserisco la grande chiave di ferro nella serratura e giro; un giro pieno e forte, che risuona nel silenzio. Abbasso la maniglia: uno scatto secco e sonoro si diffonde nell’ampio spazio delle scale. Quando mi affaccio sulla soglia un brulichio interiore mi attraversa. Silenzio e immobilità.
Accendo le luci – invadenti e rumorose come la vita reale che arriva a disperdere il sogno – e inizio il mio giro.
Cammino tra le vetrine, osservo, saggio la resistenza dei sigilli, controllo la chiusura delle imposte. Sono sola e al tempo stesso mi sento come osservata, ma è una sensazione familiare e gradevole. Sono depositaria di una ricchezza nobile e antica e mi sembra di percepirne la gravità austera, consapevole del proprio valore.
Proseguo nel mio percorso, salgo altre scale: i passi attutiti dal pesante tappeto, il tintinnio delle chiavi ondeggianti che mi accompagna. Un’altra porta, stavolta quattro scatti di serratura: più fluidi, più giovani nella loro sicura baldanza. Poi altre vetrine, e un passato diverso; volti, uomini, storie.
Rallento il passo, indulgo in una rassegna che si fa via via più lenta e trasognata. Mi rifletto nei vetri e nei bronzi, e al passato della Storia si sostituisce il mio, personale, in questo luogo, così breve eppure già tanto denso.
I minuti scorrono veloci, arrivo alle ultime sale e sono costretta ad affrettarmi. Faccio il percorso a ritroso, spengo le luci del piano, quattro giri di serratura, scivolo veloce per le scale. Altre porte, altre serrature, altri passaggi. Arrivo sulla soglia della porta principale e faccio per uscire. Poi mi giro e mi affaccio ancora una volta, ed è il mio momento preferito.
La sala delle urne è ora illuminata soltanto dalla luce radente del tardo pomeriggio, che accentua le ombre e rende i rilievi più drammatici. Vedo uomini e donne compìti, le teste erette, i profili nobili e fieri. Avvolti in ampi drappeggi, rendono omaggio agli antenati, saranno esempio per i figli dei figli. Un consesso dignitoso e ordinato; immoto; muto.
Per un attimo ancora respiro quell’aria magica, osservo quei volti antichi nella luce del tramonto, e una dolcezza incomprensibile e ignota mi pervade. Poi mi volto, faccio scattare la serratura e li lascio alla loro pace imperitura.
Oggi vi propongo un modo per conservare le more alternativo alla confettura: lo sciroppo di zucchero.
È più veloce, non presenta il problema di dover togliere i semini e conserva intatto il sapore della frutta. Potete usare le more sciroppate sul gelato, sullo yogurt, su panne cotte, bavaresi o cheesecake.
L’unica accortezza è di scegliere more mature ma ancora ben sode e sane, il resto si fa praticamente da sè.
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CONSERVA DI MORE SCIROPPATE
Dose: circa 4 vasetti da 400 ml Tempo di preparazione: 10 minuti Tempo di cottura e sterilizzazione: 30 minuti
Ingredienti
Procedimento
Sterilizzate i vasetti e i coperchi immergendoli per 10 minuti in una pentola con acqua bollente. Metteteli ad asciugare sopra ad un panno pulito, dentro al forno acceso al minimo, per qualche minuto.
Con un rigalimoni, ricavate delle striscioline di scorza, facendo attenzione a non prendere la parte bianca.
Immergete le more in una bacinella d’acqua, sciacquatele delicatamente per qualche istante, scolatele e fatele asciugare sopra ad un panno, tamponandole delicatamente con carta da cucina.
Riempite i vasetti con le more e qualche scorza di limone. Mettetene dentro poche per volta, cercando di riempire bene gli spazio vuoti.
Fate bollire per 5 minuti lo zucchero con l’acqua e versatelo subito dentro ai vasetti, fino a ricoprire le more. Chiudete subito i vasetti e immergeteli per 20 minuti in una pentola di acqua bollente.
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Deve essere una meraviglia lavorare in un museo. Non sai quante volte abbia sognato di avere un momento tutto per me, per godermi le opere, stare a fissarle, senza che nessuno possa intralciare la mia vista, solo io e l’opera che voglio ammirare. Non ce n’è uno in cui non mi soffermerei, non ce n’è uno che mi perdo quando vado in giro. E’ il richiamo dell’arte, mi sa, il richiamo del passato, la curiosità di conoscere ciò che è stato, cosa ci ha portato qui dove siamo.
E non sarà un caso che adoro anche le conserve, richiamo di un’estate che vorresti ancora durasse per molti mesi, da sbocconcellare a piccoli morsi. Le more sciroppate devono essere buonissime. Peccato non trovarne così tante qui da me.
Un abbraccio
Cara Paola, sicuramente è un privilegio. Del quale mi dimentico troppo spesso. E’ brutto dirlo ma spesso le persone si frappongono tra noi e la bellezza e riescono ad offuscarla. E’ difficile restare sempre concentrati sul bello…forse è proprio per questo che adoro il museo quando è deserto! 🙂
E anche per me il richiamo del passato è sempre fortissimo, così come quella vena malinconica e nostalgica che mi porta a guardare in adorazione un vasetto di more, come se dentro ci fosse tutto il sole e il succo di un’estate che se ne va…
Un abbraccio!
Ammetto, che avendone in abbondanza, ti invidio tanto, ma tantissimo, di più la scorta di mirtilli … però sono sinceramente curiosa di scoprire il gusto di queste piccole delizie sciroppate; l’unica volta che ho potuto assaggiarle è stato un po’ deludente, forse perché acquistate … e si sa che fatto in casa tutto è decisamente migliore! Prometto che, se anche il prossimo raccolto sarà ingente, una parte la riserverò per questa ricetta!
Senza farmi vedere te ne rubo una per iniziare bene la giornata …
Buona settimana mia cara custode di tesori del passato e a presto 🙂
In realtà ancora non le ho assaggiate, quindi non mi posso esprimere! Certo, la confettura ha sicuramente molto sapore in più, concentrata e densa come viene…una vera bontà! Ma per una volta ho deciso di provare questa alternativa…quasi quasi stasera la provo con il mio amato yogurt! 🙂
Buona settimana a te Martina!!
Tuffo di nostalgia…
Sarà sempre il nostro museo, amica…
Grazie per ‘idea e la ricetta. Devono essere deliziose ….. 🙂
Sai che non le ho ancora assaggiate? Quasi quasi stasera… 😀
Bisogna concentrarsi sulle cose belle…
Alice che bello questo articolo, è molto poetico! Lavori in un museo? Che meraviglia, tu, la ricetta con le more e questo blog delizioso 🙂
Grazie Oriana!! Sì, ho questo privilegio…dovrei apprezzarlo più spesso, e non solo quando il museo è deserto! 🙂
Grazie davvero, un abbraccio!
Ciao Alice, un salutino a voi <3