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A volte basta poco. Un invito inatteso e altrettanto inaspettatamente accettato. E un sabato sera diverso.
Anche se partiamo tardi, perdiamo la prima parte dell’evento e ci becchettiamo perché non troviamo la strada giusta.
Ma poi arriviamo, e siamo accolti a braccia aperte; e una visita guidata speciale parte solo per noi.
Intorno, un paese del Valdarno con una piazza ampia e tappezzata di storia, bambini che giocano e gente che passeggia, un clima mite, l’imbrunire sereno e limpido. C’è un’atmosfera di festa sommessa, ci sentiamo ospiti benvoluti e quasi in vacanza, e non ce lo aspettavamo a metà ottobre, a due passi da casa.
Andiamo in giro svagati, trasportati, curiosi e un po’ titubanti, in un ambiente per noi nuovo e strano.
Poi un aperitivo nel bar della piazza, e non importa se lo spritz non è granchè e da mangiare non c’è molto. Ci siamo noi, insieme, ed è già felicità.
E poi, diciamocelo, se ci sono le noccioline, l’aperitivo è a posto.
Usciamo dal bar al momento giusto: le porte del grande palazzo illuminato si stanno aprendo e, come in un castello da fiaba, possiamo salire per la cena. Una sala dal soffitto altissimo, con squarci di affreschi trecenteschi che spuntano negli angoli, salvati dalla crudeltà del tempo; sotto, tavoli rotondi apparecchiati con eleganza semplice e due grandi finestre aperte su una terrazza loggiata, dalla quale entra un’aria piacevolmente fresca.
Ci sediamo, parliamo (io, soprattutto?), ci guardiamo intorno. È tutto diverso dai soliti sabati, dalla realtà cui siamo abituati; nessuno ci conosce, siamo stranieri in patria e il senso di spaesamento ci piace. La cena è semplice e deliziosa, il vino ottimo, la compagnia perfetta. Io e te.
Il tempo corre veloce, e come per Cenerentola arriva presto il momento di salire sulla carrozza e rientrare a casa. La sera è ancora bella, noi siamo stanchi e soddisfatti, la strada non troppo lunga. Viaggiamo e parliamo, scherziamo, sbadigliamo (ancora io, soprattutto).
Vado a dormire felice, tutto il resto non esiste.
Ma forse la premessa iniziale è sbagliata. Non è poco. È una cosa apparentemente normale, che si somma ad altre cose normali fino a creare un tutto straordinario. Straordinariamente normale, forse. Ma bellissimo.
La ricetta prende spunto dall’ultimo numero di Sale e Pepe. Ovviamente, cambia un po’ qui, aggiusta di là, di fatto si è trasformata. Ho aumentato la farina di castagne e, essendo questa molto dolce, ho diminuito un po’ lo zucchero. E poi ho ridotto il burro, che comunque non è poco. Ma vi garantisco che la torta continua ad essere soffice e dolcissima.
Il sapore di farina di castagne è molto marcato e chi l’ha assaggiato, fiorentino doc, ha detto che gli ricordava la polenta dolce, un piatto antico, che ormai non fa più quasi nessuno, proprio a base di farina di castagne. L’essere riuscita a suscitare un ricordo remoto attraverso un cibo, soprattutto in qualcuno che fino a poco tempo fa non gli dava molta importanza, mi ha riempito di orgoglio!
Le clementine, però, non si sentono affatto. Per la prossima volta ho pensato di provare a usare la polpa fresca, senza bollirle prima. Così, giusto per togliermi la curiosità.
Com’è autunnale questa torta, perfetta per la nebbia che alla fine è arrivata a Milano! Non mi sarebbe mai venuto in mente di infilare le clementine in una torta e ho un dubbio: devo farle cuocere intere nell’acqua? Con la buccia?
Sì! Tutte intere! Anche a me sembrava strano, invece ha funzionato. Solo che non si sentono granché…ma magari sono proprio loro a dare la morbidezza alla torta!
Questi momenti inaspettati che ci ritagliamo, anche un po’ lontani da tutti e tutto sono sempre i migliori. Bisogna solo lasciarsi andare e goderseli pienamente.
Un connubio interessante, anche se le clementine si sentivano poco, ma sicuramente avranno influito sul gusto finale.
Fabio
Vero. Ed è ancora meglio quando non sono programmati…niente aspettative, solo vivere il momento!
Grazie, secondo me le clementine sono servite molto per rendere la torta così morbida.
Saluti!
noò, hai ragione alice non è poco. e allo stesso tempo “è poco, nel senso di basta poco!;la vita è anche questo, queste cose piccole belle di cui forse a volte ci sentiamo colpevoli di godere (ma come, non dovrei lavorare? non dovrei pulire la casa/portare i bambini in piscina (per fortuna non il mio caso)/pensare a fare cose “utili” ecc). Io sto in questi giorni godendo di un bambinesco, idiota, leggero piacere nel programmare come decorerò albero di natale, il mio primo dopo moltissimi anni. sto studiando tutto come fosse operazione militare. puro piacere. Mi sono sentito in colpa per un po’, quasi vergognandomi, poi me la sono fatta passare: la vita è anche questo, queste piccole cose che allo stesso tempo “non sono poco/ma lo sono anche”. spero di essere stato in grado di esprimere qualche cosa di sensato. Una serata in un bel paesino toscano sconosciuto è poco e tanto allo stesso tempo, da apprezzare.
sulla torta: mi ispira e mi chiedo come si possa fare a rendere più presente il sapore delle clementine: forse aggiungere anche della buccia grattugiata e versare del succo sulla torta una volta fredda (come per l’inglese lemon drizle cake). esiste una torta simile in nigella lawson (che lei ha derivato da una classica torta ebraica a base di arance bollite e farina di mandorle, popolarizzata da claudia roden) in cui le clementine vengono bollite e poi fruttate, frutta, polpa, buccia, tutto insomma, come qui che io non ho mai fatto perché appunto temevo che il sapore delicato delle clementine si perdesse (mentre funziona egregiamente con le arance, torta fatta moltissime volte/rimane un po’ amara, ottima). Io ho nei miei file un pan d’arancia in cui l’arancia cruda viene passata al mixer, tutta quanta, senza essere bollita, e poi si aggiungono gli altri ingredienti. buona, anche questa con un retrogusto amarognolo piacevole. proprio ieri pensavo di rifarla usando appunto clementine, ora ho letto questa tua ricetta e magari la provo, usando appunto clementine non bollite e frullate. ti saprò dire. ciao,buona giornata. stefano
Ecco, l’ha già consigliato Stefano: aggiungere la scorza grattugiata o fare una glassa con succo di clemetine e zucchero a velo… Questo è quel “poco” che basta e avanza per vivere al meglio. Buon pomeriggio <3
Vero. Per me è tutto. Baci. 🙂
che buona, ma anche che belle foto !
complimenti
Grazie!
Buonissima!!!!!
Un racconto di una “favola” personale e una bella torta, ganzo! Non me ne intendo tanto, ma anche io ho l’impressione che usare le clementine fresche dia più sapore. Disponibile per assaggi! 🙂
Hai ragione…mi è sembrato proprio di vivere in una favola!
Cara Alice, hai proprio ragione…la normalità è la cosa più straordinaria che esiste ma proprio perché si vive in una società che insegna che tocca sempre cercare chissà che cosa senza sapere neanche che cosa cercare ed è proprio questa furia di cercare qualcosa di speciale che spesso impedisce di guardare il dito senza vedere la luna. La chiave secondo me è la lentezza…tornando alla tua meravigliosa torta che ricorda quella libanese di mandorle con la polpa di arancia dentro vorrei solo essere sicura di una cosa : una volta cotti inclementi i tu li apri solo per togliere i semi e gli eventuali fili bianchi ma poi frulli tutto, sia la polpa che le bucce, vero ? A presto…un grande abbraccio. Marina.
Ciao Marina, anche io avevo pensato di mettere tutto ma la ricetta diceva espressamente solo polpa. Però forse sarebbe stato meglio. La prossima volta lo farò!
Grazie di essere passata, un abbraccio!
[…] TORTA SOFFICE CON FARINA DI CASTAGNE E CLEMENTINE […]
Ciao Una domanda ma volendo utilizzare le arance al posto delle clementine devo comunque seguire la procedura della cottura cioè della bollitura? Grazie mille Tiziana
Ciao Tiziana, sì, vanno bollite lo stesso. Prego e buona cucina 🙂