16 Febbraio 2016

Lo sfratto dei Goym di Pitigliano

Questo mese il tema dell’MTChallenge non è un piatto ma un ingrediente: il miele. Eleonora e Michael, vincitori della scorsa sfida con la loro penicilina ebraica, hanno pensato di farci questo regalo.

Innegabile che il miele abbia un fascino tutto particolare. La sua produzione è avvolta da una magia che lega assieme api, ambiente e uomo in un triangolo misterioso e quasi metafisico.
La varietà e la ricchezza di mieli esistenti incuriosiscono e ispirano, ognuno con sapori e proprietà specifici, ognuno che rispecchia un preciso ecosistema, quello nel quale hanno vissuto le api operose che l’hanno prodotto.
E poi ci sono le sue proprietà benefiche, la mutevole consistenza che va dal fluido al cristallino, la viscosità densa che cola in morbidi nastri, il colore chiaro o ambrato, traslucido o denso, che ipnotizza e cattura, raccontando di mondi segreti e tempi sospesi.

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Nel post di Eleonora e Michael troverete tante informazioni utili su come utilizzare il miele in cucina: vi consiglio davvero di leggerlo, non troverete niente di scontato o banale.
Ho trovato molto ben fatto anche il sito a cura dell’Unione Nazionale Apicoltori, dove potrete togliervi tutte le curiosità sui vari tipi di miele e su prodotti meno conosciuti come il polline, il propoli o la pappa reale.
Per chi invece ama l’immediatezza, l’infografica di Daniela vi spiega in un colpo d’occhio come non sbagliare abbinamenti: praticamente un prontuario da appendere in cucina.

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Il problema di questa sfida è che si possono fare soltanto due ricette, una dolce e una salata. Ma io sono entrata in fissa, travolta da decine di idee, ognuna molto diversa dall’altra. Avevo praticamente deciso per una torta (che prima o poi, comunque, farò) e poi, non so come, mi sono ritrovata in tutt’altra direzione e ho capito che, per la sfida di Eleonora e Michael, era la ricetta giusta.
E anche per me. Perché parla di storia, di territorio, di tradizioni che si incontrano, si scontrano e poi si mescolano. Perché è un dolce semplice e basico, e perché il miele ha campo libero per essere valorizzato al meglio.

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Lo sfratto è un dolce di forma cilindrica, lungo 25-30 cm, formato da un guscio asciutto e da un ripieno a base di miele e noci. E’ un presidio Slow Food e non ne esiste una produzione industriale: potete acquistarlo soltanto in due piccoli forni nel borgo di Pitigliano, in Maremma.
La sua storia risale a diversi secoli fa, quando a Pitigliano esisteva una grande comunità ebraica, formatasi sin dal XVI secolo per via delle persecuzioni dei pontefici e di Cosimo II de’ Medici, che costrinsero la popolazione che viveva nelle città a ritirarsi in aree più marginali. Una delle aree di elezione naturali era la Maremma. Isolata, selvaggia, con ampi spazi e poca popolazione, sembrava un buon posto in cui vivere in tranquillità.
Ma all’inizio del XVII secolo, Cosimo II volle creare anche qui dei ghetti dove segregare gli ebrei; nella città di Pitigliano e nei borghi limitrofi le autorità passarono casa per casa, picchiando con dei bastoni sulle porte delle case degli ebrei, costringendoli a trasferirsi in un ghetto. Dopo circa un secolo, gli ebrei di Pitigliano, crearono questo dolce che ricorda un bastone proprio per ricordare questo doloroso episodio della loro storia: lo sfratto eseguito dai Goym (ovvero i non ebrei).

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Una delle prime versioni che ho trovato è quella di Silvia, che conosco e so essere molto in gamba, per cui non ho avuto dubbi ad affidarmi alla sua ricetta. Mi ha convinta subito perché parla di un dolce dall’involucro esterno friabile e quasi secco, e pertanto presumibilmente privo di uova. Il dolce che ricordo di aver assaggiato era proprio così, si frantuma quasi nel tagliarlo e il ripieno spesso se ne distacca, creando quelle bricioline che mi piace tanto raccogliere con le dita.
Altre ricette usano uova, burro e latte ma credo che siano aggiunte e modifiche successive, fatte per rendere il dolce più ricco, morbido e appetibile. Nella pagina di Slow Food dedicata allo sfratto, si citano soltanto farina, vino bianco e poco zucchero. Io ho messo anche un po’ d’olio nell’impasto e invece non l’ho usato per spennellare alla fine.

Nel ripieno la fanno da padroni le noci e il miele. Io ho scelto un miele di sulla, produzione tipicamente italiana e piuttosto difficile da trovare, che mi ha fornito babbo Claudio. La sulla è una pianta della famiglia delle leguminose che fiorisce tra maggio e giugno; viene coltivata come foraggio ma si trova anche in forme inselvatichite o spontanee.
E’ un miele che cristallizza piuttosto rapidamente, assumendo in questo processo un colore beige chiaro, quasi avorio. Il sapore è mediamente dolce, non troppo caratterizzato, con vaghi sentori vegetali e floreali, anche se per sentirli ci vuole un palato molto raffinato, che io temo di non avere.
L’ho scelto proprio perché non troppo invasivo: costituisce il 50% del ripieno e se fosse stato troppo dolce sarebbe risultato stucchevole, se troppo caratterizzato avrebbe alterato l’equilibrio complessivo dello sfratto.

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Sfratto

Preparazione 30 minuti
Cottura 45 minuti
Porzioni 2 Sfratti

Ingredienti
  

Per l’involucro

  • 150 g di farina 00
  • 30 g di zucchero semolato
  • 50 ml di vino bianco
  • 40 ml di olio extravergine di oliva
  • un pizzico di sale

Per il ripieno

  • 150 g di miele di sulla o comunque un miele piuttosto dolce e non troppo aromatico
  • 150 g di noci spezzettate grossolanamente
  • scorza di un’arancia
  • poca noce moscata
  • un cucchiaino di semi di anice pestati facoltativo

Istruzioni
 

  • In un pentolino dal fondo spesso fate cuocere il miele per circa 20 minuti, a fuoco molto basso. Verso la fine unite la noce moscata, la scorza d’arancio, i semi di anice e le noci. Rimestate e fate raffreddare.
  • Setacciate la farina, unite lo zucchero e il sale, poi versate il vino e l’olio e iniziate ad impastare con una forchetta. Procedete a mano, lavorando brevemente l’impasto sulla spianatoia. Avvolgete nella pellicola e fate riposare mezz’ora.
  • Nel frattempo, quando il composto di noci è un po’ raffreddato ma ancora non del tutto indurito, modellatelo con le mani unte di olio, formando due salsicciotti che appoggerete su un foglio di carta forno. Aiutatevi con la carta cercando di renderli più cilindrici che potete.
  • Dividete l’impasto a metà e stendetelo con il mattarello allo spessore di 2-3 mm, appoggiatevi sopra un cilindro di noci e avvolgetevi intorno la pasta. Se avete steso la pasta piuttosto spessa basterà fare un solo giro, facendo sovrapporre i bordi per chiuderla bene. Se invece la vostra sfoglia è molto sottile dovete fare due giri, altrimenti rischierà di rompersi. Chiudete le estremità del bastone eventualmente ritagliando la pasta in eccesso e sigillando bene i lembi.
  • Cuocete a 180°C per 25 minuti circa, fino a che la superficie non inizia a colorirsi. Far raffreddare, poi tagliate a tocchetti con un coltello dalla lama affilata.
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Con questa ricetta partecipo all’MTChallenge n. 54

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Una risposta a “Lo sfratto dei Goym di Pitigliano”

  1. […] Scegliere la ricetta dolce non è stato semplice perché avevo molte idee estremamente diverse tra loro, ma poi la soluzione si è imposta quasi naturalmente, e senza che nemmeno me ne accorgessi era praticamente già fatta (la trovate qui). […]

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