2 Novembre 2018

Risolatte al cioccolato

Ieri mi è tornata in mente una situazione risalente a quasi trent’anni fa e alla quale non avevo pensato per lungo tempo. La cosa divertente è che si è affacciata alla mia coscienza attraverso un’immagine mentale palesatasi all’improvviso, mentre ero distesa a faccia in giù sul tappetino della palestra a fare flessioni. Quando si dice le cose inaspettate e quanto mai improbabili.

Ho rivisto un’inferriata bassa che separava dalla strada un piccolo spazio cementato, con qualche arbusto, vasi di fiori e un’aiuola, e ho saputo subito dove mi trovavo. Era la casa della sarta dove mia mamma andava a farsi cucire i vestiti quando ero piccola.
Capitava spesso che mi portasse con sé, prima di lasciarmi dalla nonna per poi andare al lavoro.
Non mi piaceva molto accompagnarla, mi annoiavo.
A pensarci adesso, il tutto doveva risolversi in non più di venti minuti, ma allora mi sembrava un tempo interminabile. Per questo, forse, ricordo bene quello scorcio di giardinetto con il cancellino e l’inferriata: devo aver guardato parecchio dalla finestra.

Ricordo quella piccola stanza quieta e disordinata. Non era particolarmente luminosa, c’erano pezze e tessuti diversi a coprire ogni superficie, riviste e ritagli di modelli sparsi qua e là e all’armadio erano sempre appesi almeno un paio di indumenti cuciti a mezzo, come se fossero la materializzazione di bozzetti disegnati da uno stilista.
Giacche senza bottoni, camicie senza colletti, abiti con volant fissati in maniera provvisoria e incerta campeggiavano di volta in volta sulla parete. Mi facevano venire in mente il vestito di Cenerentola ridotto a brandelli dalle sorellastre, del quale non restava altro che lo scheletro dell’abito da ballo che era stato.

C’era sempre silenzio: nella stradina non passavano molte auto e in casa non c’era nessuno oltre a noi. Sembrava che quelle stoffe non avessero alcuna urgenza di diventare abiti fatti e finiti, stazionavano pazienti in quel limbo ovattato in attesa della loro sorte, mute e rassegnate.
Mia mamma e la sarta parlavano e io mi estraniavo, persa nei tanti dettagli della stanza. Quando ne ero satura mi avvicinavo alla finestra e osservavo da dietro il vetro.
Mi annoiavo, ma mi chiedo se non è anche di queste cose che si nutre il nostro immaginario, e quanto esse siano capaci di condizionare le nostre percezioni negli anni che seguono.

Risolatte al cioccolato

Porzioni: 2       Tempo di preparazione: 5 minuti       Tempo di cottura: circa 20 minuti

Ingredienti
500 ml di latte
80 g di riso Originario
30 g di zucchero semolato
40 g di cioccolato fondente al 70%
un pizzico di sale
granella di nocciole
la punta di un cucchiaino di cannella in polvere o altre spezie a piacere

Riscaldate il latte in una pentola dal fondo spesso. Appena spunta il bollore unite il sale, il riso e lo zucchero e fate cuocere scoperto per circa 20 minuti a fiamma bassa, mescolando spesso per non far
attaccare il riso. Quando il riso sarà al dente spegnete il fuoco, unite la cannella in polvere, il cioccolato a pezzetti e mescolate bene per farlo sciogliere.
Versate nelle coppette e guarnite con granella di nocciole.

Note:

8 risposte a “Risolatte al cioccolato”

  1. Silvia ha detto:

    Quante storie possono passare dall’atelier di una sarta? Luoghi magici di trasformazione, e forse neanche troppo diversi da una cucina…

  2. Ely ha detto:

    Questa è una coccola meravigliosa per questo inizio di novembre, freddo fuori ma profumo di famiglia in cucina…. Che bontà!

  3. Stravagaria ha detto:

    Che bello il tuo racconto, forse ero lì anche io… devo aver vissuto qualcosa di molto simile. Anche il riso e latte mi richiama dei ricordi, non bellissimi in questo caso perché da piccola lo odiavo, non sopportavo l’odore del latte bianco caldo… scommetto che se mia mamma ci avesse aggiunto il cioccolato sarebbe stata tutt’altra cosa. Leggerti è sempre un piacere

    • panelibrienuvole ha detto:

      Grazie Viv! Questo ricordo l’ho scritto ieri di getto e stamani mi ero quasi pentita di averlo pubblicato. Mi sembrava una cosa così “minima”, così personale che non potesse interessare a nessuno. Le tue parole mi fanno felice 🙂
      Il risolatte da piccola non l’ho mai mangiato, pensa che l’ho scoperto solo qualche anno fa, quando ho aperto il blog…ma a me piace tanto anche bianco 😀 Un abbraccio e grazie, sempre.

  4. Cristina Galliti ha detto:

    Verissimo! anche a me capita di avere dei flash simili, sprazzi di ricordi di situazioni che non c’entrano nulla col momento e il luogo in cui mi trovo ma tu li sai rendere in maniera così poetica, è una delizia leggerti!! Il tuo amarcord a casa della sarta, inoltre, ha fatto riaffiorare anche in me ricordi indelebili ma mai avevo visto con quegli occhi tuoi di bambina l’atelier della mia mamma sarta! Forse perché per me era tutto famigliare e consueto. La meraviglia per me era quando invece s’andava dalla pellicciaia perché mamma faceva mettere colli e polsini a cappotti che lei realizzava. E io ero felice di accompagnarla perché tornavo sempre a casa con qualche ritaglio di pelliccia..sai che la mia Barbie aveva un vestito da sposa tutto bordato di visone bianco? Fatto da me coi ritagli!! 🙂
    e per il risolatte, idem, da piccola lo ritenevo da malati, ora ne sono ghiotta, grazie alle ricette blogghesche, vedi anche il profumatissimo kheer pudding del Club del 27!!

    • panelibrienuvole ha detto:

      Ciao Cristina! Sono sempre così felice quando mi passi a trovare 😀 E che bello sapere che tua mamma era sarta, a me sembra un lavoro magico, creare delle cose dal niente…lo trovo molto affascinante. E ai tempi delle Barbie sarebbe stato un lusso avere tanti ritaglia a disposizione o ancora meglio qualcuno che mi cucisse i vestiti 😀
      Ci credi che anche io ogni volta che faccio il risolatte ripenso a quello del club del 27?
      Grazie delle tue parole, ti mando un grande abbraccio!

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