Quando ero piccola avevamo un forno di fiducia, come tutti, credo. Il pane era ottimo e anche la schiacciata, che noi a Chiusi chiamiamo “ciaccia”, un nome buffo e sofficioso, che ti vien voglia di masticarlo tutto mentre lo dici, come se già ne pregustassi il sapore.
Il forno non era molto distante da casa e le mattine d’estate andavo spesso a comprare il pane e la ciaccia per colazione. Non saprei dire quale fosse la mia preferita, credo di aver attraversato varie fasi: quella con il formaggio, quella con l’olio e quella più originale con l’uvetta, dall’impasto salato ma con un tocco di dolcezza. (Ora che ci ripenso, quella dovrei provare a rifarla).
Avrò avuto sì e no 13 anni quando nel nostro forno comparve una novità: la “ciaccia” genovese. Che poi sarebbe la “focaccia”, lo so, ma che ci volete fare? Alta, soffice, unta d’un olio buono che si annidava nei buchi in superficie, insieme a generose prese di sale.
Una rivelazione, per la mia famiglia: la amammo al primo morso.
Il fatto è che il fornaio, con i frutti del suo duro lavoro notturno, si era comprato una casa a Rapallo per trascorrervi la villeggiatura, e lì era venuto a conoscenza della famosa focaccia genovese, di cui a Chiusi si ignorava ancora l’esistenza. Gli era piaciuta così tanto che era riuscito a carpirne i segreti per poi importarla in quel margine estremo di Toscana in cui si trova Chiusi.
Mi viene un po’ di malinconia a ripercorrere questa storia, perchè il nostro fedele fornaio non c’è più, il forno è stato venduto e adesso ci serviamo altrove.
Ma il ricordo di quel piccolo forno caldo e profumato, dove la mattina prima di andare a scuola compravo il mio pezzetto di rassicurante bontà quotidiana, rimane uno dei ricordi più cari della mia infanzia.
Solo tanti anni dopo avrei incontrato Alessandra e solo a lei potevo affidarmi per la ricetta della focaccia genovese. Non perfetta come la sua, ma sto migliorando 😉
Porzioni: 6 Tempo di preparazione: 20 minuti + 3 ore circa di lievitazione Tempo di cottura: 15 minuti
Ingredienti
250 g di farina 0
250 g di farina Manitoba
280-320 ml di acqua
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 cucchiaino di malto in polvere
1 bustina di leivito di birra essiccato (anche meno se allungate i tempi di lievitazione)
10 g di sale fino
per la salamoia
50 ml di acqua tiepida
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
un pizzico piccolo di sale grosso
Setacciate le farine e mescolatele in una ciotola capiente. Unite il lievito, l’olio, il malto e 280 ml di acqua appena tiepida e iniziate ad impastare con il gancio a bassa velocità (o a mano, ovviamente). Se vedete che serve, unite anche gli altri 40 ml di acqua. Io li ho messi, più è idratata e pù è buona, così dice Ale.
Quando l’impasto è ben incordato mettetelo in una ciotola leggermente unta d’olio, sigillate la ciotola con pellicola e fate lievitare fino al raddoppio in un luogo al riparo da correnti d’aria (per me il forno tiepido ma spento).
Trascorso questo tempo riprendete l’impasto e stendetelo in una teglia ben unta di olio, delle dimensioni di circa 30 x 40 cm. Non schiacciate troppo l’impasto, ma allargatelo delicatamente con le dita, sospendend oper un paio di minuti quando vedete che tende a ritirarsi. Se lo schiacciate con forza le bolle di lievitazione si romperanno e la focaccia perderà tutto il suo senso.
Fate lievitare nella teglia fino al raddoppio, coperta con pellicola leggermente unta.
Prima di infornare, fate i caratteritici “buchi” in superficie, premendo con il polpastrello in direzione obliqua, con delicatezza.
Versatevi sopra l’acqua della salamoia, poi l’olio e infine cospargete con il sale grosso.
Infornate nel forno ben caldo a 230°C in modalità statica e cuocete per 15-18 minuti al massimo.
Che belli i tuoi ricordi… certo che solo la focaccia genovese vale una gita nei paraggi…
E’ davvero buonissima!!