Da dove si parte per raccontare un territorio? Nell’indecisione tra le mille attrattive che offre la provincia di Prato, io parto dal cibo. Anche perché sono state proprio le produzioni eno-gastronomiche il focus del blog tour organizzato qualche settimana fa da Vetrina Toscana e al quale sono stata invitata a partecipare.
[Vetrina Toscana è il progetto di Unioncamere Toscana e Regione Toscana che promuove ristoranti e botteghe che utilizzano i prodotti tipici del territorio].
Io vivo vicinissima a Prato, eppure non lo avevo mai guardato in chiave “turistica”. Che errore.
Di sicuro è una zona che paga la vicinanza a Firenze, che con la sua enorme fama oscura tutto ciò che le gravita intorno. Eppure è un comprensorio ricchissimo di arte, storia, natura, un territorio che ancora conserva aspetti paesaggistici e di qualità della vita che altrove sono scomparsi da tempo, fagocitati dallo sviluppo e da una crescita incontrollata.
La vita è più calma sui dolci colli di Artimino e Carmignano, tra le piccole strade che coi loro saliscendi innervano ricchi vigneti e quieti boschi. E non è un caso che Cosimo III de’ Medici, già nel 1716, avesse riconosciuto che questa zona era particolarmente adatta alla viticoltura, istituendo – di fatto – la prima DOC ante litteram.
E sempre i Medici hanno lasciato la loro impronta nelle piccole e nelle grandi cose, come nelle due ville di Poggio a Caiano e La Ferdinanda di Artimino, costruite ad un secolo di distanza e con diverse destinazioni (di svago la prima e di caccia la seconda), ma entrambe ormai segni distintivi del paesaggio.
Il privilegio di poter soggiornare nelle splendide stanze della paggeria della Tenuta di Artiminio (nota anche con l’evocativo epiteto di Villa dei Cento Camini) è stato solo l’inizio di un weekend che non stento a definire magico.
Questo è solo il primo post che dedico al blog tour di Prato e quindi non posso svelarvi tutto adesso;-)
Ma partirei dai prodotti tipici che costituiscono gli ingredienti di base di questa ricetta, così come li abbiamo conosciuti dalla voce dei loro padri-produttori.
Si parte dalla farina, atomo dal quali si costruiscono gli alimenti essenziali. Io ho usato la farina Gran Prato del Molino Bardazzi prodotta con grano della provincia, pagato ad un giusto prezzo per i coltivatori e macinato nello storico mulino di famiglia, dove si conserva ancora una macina a pietra degli anni Trenta che è sopravvissuta ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale ed è tuttora usata per produrre la farina integrale.
Marco Bardazzi ci ha fatto visitare il mulino ed è stata una grande emozione salire le strette scale di legno su su per cinque ripidi piani, a scoprire le fasi e i passaggi di produzione. Tutto sapeva di storia, lì dentro: le assi consunte del pavimento di legno, gli oggetti di uso quotidiano, le macchine che ci guardavano silenziose e immote, ben più sapienti di noi. Storia depositata strato dopo strato, come veli di farina che si poggiano lievi e danno un’anima alle cose.
Il secondo ingrediente è la Mortadella di Prato IGP, che poco ha a che vedere con la più nota mortadella di Bologna. Prodotta almeno a partire dal Settecento, inizialmente era fatta con le parti di scarto del maiale e abbondanti spezie. La caratteristica fondamentale che rimane ancora oggi è la presenza di Alchermes al suo interno, il liquore dal colore rosso intenso caratteristico delle province di Prato e Firenze sin dai secoli più remoti (ma ne parleremo più avanti, con una ricetta ad hoc).
Oggi la Mortadella di Prato viene prodotta con parti nobili del maiale, cotta a temperatura delicatissima per preservarne il sapore e insaccata in budelli artificiali. Sono solo 5 i produttori che possono vantarne il segreto e tra questi la storica macelleria Mannori di Prato, condotta da due sorelle energiche e determinate, che ancora una volta mi confermano che quando sono le donne a fare imprenditoria si fa un balzo avanti di dieci anni.
Da non dimenticare che la Mortadella va a braccetto con la bozza pratese, ossia il pane tipico che ha appunto la forma sbozzata, a tre o quattro lati, che si trova nei forni della città. Ovviamente, è un pane senza sale, ve lo immaginavate, no? 😉
Infine i fichi secchi di Carmignano, che non sono semplici fichi secchi. Qui vige la consuetudine da tempo immemore di farli seccare all’aria, al sole e con il fumo di zolfo. Poi vengono accoppiati a due a due formando le caratteristiche “picce” e mettendo all’interno qualche semino di anice.
Sono ormai rari i produttori che seguono questo procedimento di accoppiatura manuale e noi abbiamo visitato l’azienda di Siro Petracchi che oltre ai fichi fa anche ottime confetture, olio extravergine e un nettare di fichi che sembra davvero una bevanda degli dei.
Ecco, io mi sono fatta ispirare da questi tre ingredienti e ho pensato ad un finger food che li riunisse nella tavola di Natale…ma anche in un altro periodo dell’anno, visto che si trovano sempre.
In fondo al post trovate l’elenco completo delle attività che abbiamo visitato in occasione del blog tour, mentre qui ringrazio Vetrina Toscana Confcommercio di Prato e Pistoia, Daniela Mugnai, Elisa Gentilini, Matteo Marianeschi e tutte le persone che ci hanno accolto e fatto entrare per un momento dentro alle loro vite e alle loro passioni: è grazie a tutti voi se il tour è stato intenso, emozionante e capace di trasmettere l’essenza del vostro territorio.
Un caloroso ringraziamento alle persone e alle attività che vi hanno accolto e ospitato durante il blog tour:
Ristorante il Capriolo di Prato (chef Tommaso Gei)
Hotel Paggeria Medicea di Artimino
Tenuta di Artimino
Macelleria Mannori
Ristorante Da Delfina di Artimino
Mulino Bardazzi
Ristorante Le Fontanelle
Opificio Numquam
Azienda Siro Petracchi
Ristorante Le Farnete
Forno Fogacci
Risotrante Casa Le Bandite di Vernio e Associazione “Le forchette”
I paesaggi sono bellissimi! Peró anche i tuoi fingerfood non scherzano… temo sia un po’ difficile fare il pan di spagna ma gli accostamenti di sapore sono davvero invitanti! Che brava!
No, Viv, è la cosa più semplice del mondo! Giuro 🙂
Spettacolo!! Cioè, veramente bellissimo *_*
Ma grazie! Alla fine è una cosa davvero semplice sai ? 🙂
Un giro meraviglioso. Le tue foto rendono giustizia alla bellezza dei luoghi. E la tua proposta mi piace un sacchissimo, originale e gustosa!
Grazie cara Mile! Sono posti davvero belli, e senza la confusione di Firenze 🙂
Quanti ricordi hai evocato… correva l’anno 2001 era estate, facemmo le vacanze in Toscana, girovagando in lungo e in largo. Una sera a cena, un sommelier ci propose un bianco strepitoso della zona, CASTELLO DI AMA, ce ne innamorammo e andammo da Artimino che era il produttore a fare acquisti. Una meraviglia di posto, sembra che lì il tempo si sia fermato
Grazie per avermi scritto, è sempre bello sapere che si suscitano bei ricordi! E’ vero, Artimino è un posto fuori dal tempo…