E amore fu. Con una quindici d’anni di ritardo, ma non posso mica smentire il mio tempismo.
Dopo mesi in cui, per varie ragioni, il piacere di leggere era stato un po’ affievolito dalle contingenze, sono piombata su un libro che in un fiat ha rinnovato l’antico entusiasmo.
Non è esattamente il libro del momento. Il birraio di Preston è uscito nel 1998 e vanta il merito di rendere noto Andrea Camilleri al grande pubblico, anche se i suoi primi romanzi risalgono ad almeno 15 anni prima.
Un libro che ho visto in casa per anni e che ho spesso sentito nominare, senza per altro avere idea di cosa parlasse. E proprio l’altra sera, visto che il libro che aspettavo dal corriere ancora non era arrivato, l’ho preso dalla libreria e me lo sono portato a letto. E BOOM. La magia della lettura. Il fascino di un grande scrittore.
Eccola, direte voi, arriva ora. Ebbene sì, che ci volete fare? Un paio di libri di Camilleri li avevo letti, negli anni passati, ma l’attrazione non era scattata.
Mi chiedo ora: come ho potuto restare indifferente a quella lingua siciliana arrotata, avvolgente, capace di plasmare la realtà e portarla davanti al lettore in tutta la sua matericità, come un arancino caldo e profumato nel suo pezzetto di carta gialla? Come non essere ammaliata dall’ironia, dall’acume, dallo smalto di Camilleri, un uomo che coi suoi novant’anni è più vivo e vitale che mai?
Mi cospargo il capo di cenere, e voi siate pazienti se adesso voglio condividere l’entusiasmo per questo libro che avrete letto secoli fa e magari mi avete anche consigliato. Ci arrivo ora, ma ognuno ha i propri tempi.
É quindi inutile dire qualcosa sulla trama, che non ha Montalbano per protagonista, e forse anche questa è la sua forza, il non dover soggiacere a ruoli, schemi e personaggi esistenti, che a poco a poco prendono inevitabilmente il sopravvento sullo scrittore e diventano autori di se stessi.
Qui siamo in una Vigàta ottocentesca, ma il cast di personaggi è ricco e variegato come in quella attuale che ben conosciamo. C’è un incendio, i moti mazziniani sullo sfondo, la contestazione di un prefetto da parte di tutta la popolazione e un’opera lirica che sarà l’abbrivio di tutto.
Si ride tanto, ma soprattutto si sorride, ci si sente complici di Camilleri, ci si sente al centro del suo lavoro, si capisce che ha fatto tutto per noi, per farci godere al meglio ogni scena, ogni parola, ogni sguardo. Ecco, godimento allo stato puro, da quel gaudente che immagino che sia. Grazie Camilleri.
Oh Alice, mi hai fatto venire voglia di leggerlo. Perchè anche io, come te fino a qualche giorno fa, non l’ho ancora letto. Il libro deve chiamare. E non solo il libro. Ognuno ha il suo tempo e quindi ogni caso a suo tempo. Che per me è il senso di “ascoltare il proprio respiro”. Grazie, apprezzatissimo!
Mi fa piacere! E fammi sapere…ma sono strasicura che ti piacerà! 😀
Certo che ora mi riesce difficile non dare almeno una chance a questo Camilleri che piace a tanti e che a me non ha mai attratto molto proprio per il linguaggio troppo siciliano. A onor del vero qualcosa di suo in passato lo lessi e mi piacque pure ma era scritto senza concessioni dialettali e quindi non mi ero convinta a rompere gli indugi ma dopo il tuo entusiasmo un pensierino ci sta tutto. E il libro che aspettavi?
Be’, se è l’aspetto della lingua che non ti piace allora forse resterai delusa, perché è persistente e caratterizzante. Ma oltre a quello c’è tanto altro…