È proprio vero. Uscire dalla propria comfort zone è estremamente salutare. Faticosissimo, anche, almeno per me, che sono sempre timorosa, insicura e abitudinaria. E la domanda: “ma chi me l’ha fatto fare?”, durante il percorso, è inevitabile.
Ma alla fine, per piccola o grande che sia l’impresa in cui mi sono lanciata, mi guardo indietro e capisco che è stato un bene.
Per me è molto difficile smuovermi anche di un solo millimetro. Il cambiamento, l’incerto, la novità…parole che in altri scatenano entusiasmo e senso di avventura, per me sono sinonimi di instabilità e minaccia. Ci convivo da sempre e, anche se col tempo ho imparato a gestirmi un po’, la prima reazione che avverto nello stomaco è sempre la stessa.
Eppure lo so, a fare sempre le stesse cose, a restare attaccati ai soliti schemi ci si secca e incartapecorisce, si perde la linfa, lo slancio, l’entusiasmo. E si perdono anche un sacco di buone occasioni. Ecco. Vediamo di ricordarcelo, per il futuro.
La farinata di cavolo nero (o farinata coi fagioli) è un piatto tipico toscano ma che nessuno ricorda quasi più. Niente a che vedere con le gloriose sorti della ribollita o della panzanella, ormai conosciute in ogni dove. La farinata è rimasta nascosta nel suo cantuccio, nota solo a quei pochi che l’hanno appresa da zie e nonne e l’hanno tramandata fino a noi.
Ne esistono varie versioni a seconda della zona in cui la si prepara (in Garfagnana, per esempio, si usano i fagioli rossi o i borlotti) e, come sempre nelle zuppe, gli ingredienti non sono mai precisi. Io mi sono fatta la mia ricetta personale pescando qua e là tra i vari libri di cucina, e così ve la propongo.
Gli ingredienti fondamentali sono i fagioli, appunto, il cavolo nero riccio di Toscana la farina da polenta. Piatto poverissimo, che con la sua farina gialla richiama la montagna e i tempi andati.
Si mangiava calda alla sera, e al mattino, ormai fredda e rassodata, si tagliava a fette come una polenta e serviva da colazione. Giusto per dire quanto possono cambiare le cose nel giro di qualche decennio.
Wuaooooquesta ricetta antica sa di ricordi ed i sentimenti di cui è portatrice riemergono in ogni dettaglio…. e poi le foto riescono a regalarti il suo profumo.
Leggevo lo scritto ( io lo faccio sempre) Sai? La ns natura è sempre più forte di qualsiasi cosa, persino delle nostre riflessioni più profonde! Nn si smuove di un millimetro, e noi dovremmo solo imparare a ” conviverci” serenamente, e nn combatterla o cercare di modificarla per uscire dai suoi schemi, sarebbe forzato, innaturale ed alla fine vincerebbe sempre ” LEI”PAZIENZA dà iiiiiAmiamoci come siamo; accogliamo il ns essere pienamente, saremo più felici. Trascorri una bellissima giornata
Ciao Marilena, a volte me lo dico anche io sai? Che tanto la nostra natura non la si cambia, nonostante gli sforzi, sempre lì si torna. E infatti non voglio forzarmi troppo non è…nella mia natura, appunto! 😀 Però ogni tanto si può anche fare qualcosa di diverso, soprattutto se poi quando li fa si scopre che uscire un po’ dal seminato ci è piaciuto!
Grazie di essere passata e delle tue parole, un abbraccio!
Questi piatti mi fan gola solo a guardarli… e che belli i piatti, in senso stretto, le stoviglie!
Grazie!! Fanno parte del set spaiato del foodblogger in erba! 😀
Adesso lasciamo da parte le riflessioni sulla nostra natura, sullo sforzarsi o meno di cambiare, se serve o no, sulle occasioni perse e sull’insicurezza che ne è la causa principale se non unica…dimmi come hai fatto la prima foto davanti alla finestra ??!!? Racconta molto questa foto, sai ? Sembra che dalla finestra stia entrando una nuova luce, un cambiamento….mi sembra qualcosa di misterioso. Mi è venuto in mente addirittura il famoso quadro di Caravaggio, “Vocazione di San Matteo”…il potere di una zuppa. E che zuppa ! Deve essere densa quando è calda? Quanto ?
P.s. anch’io sono dura con i cambiamenti…neanche il taglio dei capelli riesco a cambiare, il colore dello smalto per le unghie.
Come l’ho fatta non lo so neanche io…un attimo c’era la luce giusta…e l’attimo dopo no. Quindi suppongo che sia c… ehm, fortuna! 😀
Però ammetto che piace molto anche a me, anche se come al solito tu hai trovato le parole più belle per descriverla 🙂
La densità dipende dal tuo gusto, comunque direi bella densa. Se il giorno dopo vuoi friggerla, ancora più densa!
meravigliosa io la amo incondizionatamente.
foto stupende. sei bravissima alice!
Gaia…grazie! 🙂
E per la zuppa concordo: amore al primo assaggio 🙂
Io l’adoro questa zuppa, e la faccio spesso! Vedo che anche tu la fai come la faccio io, con molta cura e molti passaggi, bravissima! Io cuocio solo di più il cavolo, e uso il passatutto invece del frullatore, ma Il procedimento è quello! Che bello che hai portato alla ribalta un piatto un po’ dimenticato, ma squisito!
Eh, l’uso del passino è un passaggio che mi manca, lo so. E so anche che fa la differenza. Prima o poi mi deciderò, solo allora avrò una zuppa come quelle di una volta 🙂
Grazie cara Cecilia, un bacio!
Lo sai che io la preferisco alla ribollita? Mia nonna la preparava sempre il sabato, e quella che avanzava la faceva freddare per poi tagliarla a fette e friggerla o grigliarla. A casa mia ci si mette il porro al posto della cipolla, ma immagino che poco cambi. ps da quello che cucini però non direi che se una che non ti lanci…. la marmellata di pere e camomilla mi risuona ancora nella testa!
Ahahah, grazie Margherita! Diciamo che con il tempo sto imparando a lanciarmi…anche solo un pochino 😀
La versione fredda e grigliata non l’ho mai provata ma deve essere buonissima. E anche a me ha ricordato molto la ribollita e forse mi è piaciuta di più. Pensavo fosse un sacrilegio dirlo, ma visto che hai iniziato tu… 😀 😀 😀
Ma…. bella questa ricetta!
Ho giusto in casa un po’ di cavolo nero avanzato da una ribollita fatta qualche giorno fa, i cannellini acquistati stasera e la polenta bramata con la quale mi cocccolo in certe sere, per cena.
Ho dunque tutto per fare ed assaggiare questa zuppa
Grazie!
Grazie a te Diletta! Fammi sapere se ti è piaciuta…ma sono certa di sì, quando gli ingredienti di partenza sono questi… 🙂
Cara Alice, ho assaggiato per la prima volta la farinata proprio poco tempo fa a casa di Giulia Scarpaleggia e me ne sono innamorata! La tua ha un aspetto così invitante ! E la tue foto sono sempre più belle 😉 un abbraccio Sandra
Dai!! Allora non è poi così sconosciuta come pensavo! 😀
Grazie cara Sandra, spero di vederti presto!
Alice che spettacolo, proprio da cena d’inverno, caldo, casa, coccola!
Se trovo il cavolo nero, domani la faccio…a tutto quello che può piacermi in un piatto. RIesco poco, anzi per nulla a girare i blog, per via del tempo la sera, nulla di più. MA con te è chiaramente una perdita seria. Vado a mettere a bagno i fagioli.
P.S.: foto strepitose.
Sagge parole quelle dell’introduzione che ben accompagnano questo piatto dai sapori forti, decisi e ben piantati a terra: un piatto saggio, anche lui 😉
E la foto con la finestra in fondo è stupenda.
Grazie Mile! Quella è stat proprio un colpo di fortuna 😀
Noi a Livorno lo chiamiamo Bordatino 😉
Sì, lo avevo sentito dire! Magari lo aggiungo nel testo, così è un’informazione in più…grazie! 🙂
E vogliamo parlare di com’è buona il giorno dopo tagliata a fette alte e grigliata leggermente?
Vero!!!