Oggi la Giornata Nazionale del Calendario del Cibo Italiano (ambasciatrice Antonella Eberlin) acquista un respiro ancora più ampio perché diventa Mondiale!
In tutto il mondo, infatti, oggi si celebra il latte, alimento materno, primigenio, da sempre carico di profondi valori simbolici.
Tra i tanti culti che gli sono stati tributati dall’uomo nei secoli, vorrei spendere due parole su quello delle grotte galattofore (cioè portatrici di latte), che trovo particolarmente affascinante.
In molte aree della Toscana meridionale, sin dai tempi preistorici, si svilupparono culti religiosi legati alla presenza di grotte naturali ricche di stalattiti, dove il gocciolamento delle acque lattiginose ricche di carbonato di calcio ricordava le gocce di latte stillate dal seno materno. Anno dopo anno, le gocce formavano pozze e piccoli laghi, le cui acque erano ritenute benefiche e miracolose.
Questi luoghi, ricchi di fascino e mistero, furono frequentati per secoli, in maniera più o meno continuativa. I rinvenimenti archeologici testimoniano che in epoca romana, per esempio, si era soliti depositare offerte votive alle divinità – come monete di bronzo, vasellame, statuette di bambini in fasce o di mammelle – probabilmente in cambio di una grazia ricevuta, che fosse la guarigione del proprio bambino o il ritorno del latte materno, indispensabile ai neonati.
Ancor più sorprendente è il fatto che alcuni di questi luoghi siano stati frequentati fino agli anni ’50/’60, e i poteri attribuiti a queste cavità sono ben identificati dalla denominazione, abbastanza diffusa, di Grotta delle Pocce Lattaie: mi ha sempre fatto ridere la cruda immediatezza di questo nome popolare.
Primo nutrimento dell’uomo, il latte è stato per secoli un alimento al quale ricorrere in caso di necessità o scarsezza di altre provviste. Il lattaiolo nasce così: fatto solo con chiare d’uovo, latte e pochissimo zucchero, non era un dolce ma un “levafame”, companatico poverissimo delle famiglie della campagna senese, da mangiare con il pane e una tazza d’orzo quando non c’era molto altro.
Da qui ad arrivare al moderno latte alla portoghese, di cui il lattaiolo è considerato progenitore, ce ne corre. Persino il latteruolo proposto dall’Artusi è ben più ricco, con i suoi numerosi tuorli e il guscio di pasta matta (ho visto che lo ha pubblicato Marina proprio pochi giorni fa).
Ne esistono ovviamente varie versioni, agli albumi si possono aggiungere anche i tuorli o sostituirveli del tutto e gli aromi che si possono usare sono infiniti: agrumi, cannella, vaniglia, noce moscata, caffè… Io ho scelto la vaniglia, ma poca, che volevo lasciarlo più naturale possibile.
La scelta di usare solo albumi mi sembrava perfetta per avere un dolce leggero e, al tempo stesso, smaltire parte di quella riserva infinita che tengo nel congelatore. La consistenza è morbida e non troppo compatta, proprio come quella di un budino o di un latte alla portoghese d’antan, senza caramello e molti meno grassi.
Un’ultimissima considerazione prima di andare alla ricetta: comprate sempre latte italiano. Per il bene dei nostri allevatori e della nostra economia, oltre che per avere la certezza della filiera produttiva e sapere cosa mangiate. In una giornata come questa, mi sembrava una raccomandazione da fare 🙂
Porzioni: 8 Tempo di preparazione: 10 minuti Tempo di cottura: 1h
500 ml di latte intero
4 albumi
50 g di zucchero semolato
25 g di amido di mais o fecola di patate
mezza stecca di vaniglia
3 cucchiai di mandorle a lamelle
Riscaldate il latte con lo zucchero e il baccello di vaniglia diviso a metà nel senso della lunghezza, filtrate, stemperatevi l’amido e fate intiepidire.
Montate le chiare a neve, poi unitele al latte, mescolando bene: si smonteranno parzialmente, è inevitabile.
Versate il composto in stampini monoporzione (i miei sono in ceramica) e cuocete a bagnomaria nel forno già caldo a 120°C per almeno un’ora. Il dolce si gonfierà molto e poi si abbasserà, come un soufflè, quindi non riempite troppo gli stampini. Se la superficie di scurisce troppo, copritela con un foglio di alluminio. Lasciate intiepidire nel forno semiaperto.
Tostate le lamelle di mandorle in una padella antiaderente già calda per 3-4 minuti e usatele per guarnire il lattaiolo.
Note:
Fonti:
E questa storiella archeologica che è uscita dal cilindro? Non ne sapevo niente… bellissima! Io facevo un dolcino simile anni fa, solo con latte, amido di mais e miele e sopra un trito di frutta secca. Più o meno…
E il reader funziona ora!
Davvero?! Dalle mie parti ce ne sono diverse, soprattutto sul monte Cetona. Bella l’idea del miele, lo caratterizza anche di più. Me la segno 🙂
Adoro scoprire le tradizioni e le leggende legate al latte, alimento più completo che esista in natura e da sempre parte della mitologia e delle usanze di tutte le popolazioni del mondo: grazie per il tuo splendido racconto…e l’ottima ricetta!
Grazie a te Stephanie! Questa giornata mi ha dato modo di pensare al latte in maniera diversa dal solito…e capire che c’è molto altro, oltre alla bontà!
sarà anche stato un “levafame” ma a me sembra una delizia!!!
Semplice ma buono 🙂
Interessanti informazioni a completamento della Giornata, e mi piace anche la ricetta senza tuorli ma solo con gli albumi.
Grazie
Antonella
Grazie a te Antonella, è stato un piacere partecipare!
Una meravigliosa delizia …..
Grazie Nadina 🙂