21 Settembre 2015

Il Pecorino Toscano in Maremma: i segreti del fondatore

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Ed eccoci alla seconda puntata del blog tour del Pecorino Toscano DOP! (la prima la trovate qui)
Dopo la notte al Grand Hotel Impero torniamo al caseificio Il Fiorino, dove il direttore del Consorzio ci introduce il signor Fabio: con chiarezza e competenza ci guiderà attraverso tutte le fasi di produzione del pecorino, in un percorso che si rivelerà davvero entusiasmante! A lui, e a tutto il personale, un sentito grazie per aver messo in moto la produzione a nostro esclusivo beneficio: una cortesia che abbiamo davvero apprezzato.

Ed ecco, in sintesi, le fasi di produzione del Pecorino Toscano DOP che ci sono state illustrate.

  1. Il latte dei vari allevamenti della zona arriva nel caseificio, viene controllato, pastorizzato a 72°C e poi convogliato in grandi tini di acciaio, dove vengono inoculati i fermenti lattici autoctoni, eliminati durante la pastorizzazione.
  2. Il latte viene mescolato per 15 minuti da due “lire” metalliche, che ruotano continuamente; poi viene aggiunto il caglio di vitello in polvere. Dopo circa 20 minuti, durante i quali il latte continua ad essere mescolato, le proteine del latte coagulano grazie agli enzimi del caglio e si ottiene la cagliata: il latte si rassoda e acquista una consistenza budinosa.
  3. Questo è il momento di fare il ravaggiolo (o raviggiolo), se si vuole. È un formaggio fresco che si ottiene prelevando con un mestolo la parte superiore della cagliata e mettendola a scolare nelle fuscelle, contenitori forati che permettono lo sgrondo del liquido in eccesso. In passato la scolatura avveniva sopra foglie di fico o giunchi intrecciati, e per questo il ravaggiolo veniva chiamato anche giuncata.ecco-il-ravaggiolo1
  4. Si passa alla rottura della cagliata: appositi strumenti girano nei tini dove si trova la cagliata, frantumandola in pezzi sempre più piccoli, fino a raggiungere la grandezza di una nocciola (se stiamo preparando pecorino fresco) o di un chicco di mais (per il pecorino stagionato). L’aspetto è quello dei fiocchi di latte.collage18
  5. Dai tini sopraelevati, un tubo convoglia la cagliata frantumata su piani forati sottostanti, dove gli operatori procedono alla formatura: pressano i granuli coagulati nelle cascine, contenitori cilindrici con piccoli fori, che poi vengono portati in camera calda, dove, nel giro di alcune ore, a temperatura di circa 35°C e umidità vicina al 100% le forme perdono lentamente umidità. In questo intervallo di tempo le forme devono essere capovolte speso per evitare che la parte inferiore si addensi più di quella superiore: dipende solo dall’abilità del caciaio capire la frequenza per avere un formaggio omogeneo all’interno!formatura

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  6. Facciamo una piccola deviazione per seguire il siero che rimane dalla rottura della cagliata e che serve a produrre la ricotta. Convogliato in grandi tini, viene scaldato fino a 70-80°C (eventualmente con l’aggiunta di un po’ di latte) per provocare la coagulazione delle sieroproteine e l’affioramento della ricotta, che poi viene prelevata con un mestolo forato e depositata nelle fuscelle.
  7. Il liquido rimasto dopo l’affioramento della ricotta, la scotta, viene usato come alimentazione nell’allevamento dei suini. Un’integrazione perfetta tra vari ambiti produttivi, affinché nulla vada perduto.
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  8. Ma torniamo, alle nostre forme di pecorino. Uscite dalla camera calda, la fase successiva è la salatura, che consente la formazione della crosta esterna e l’eliminazione del siero in eccesso. Il caseificio Il Fiorino usa il sale delle cave di Volterra, più delicato di quello marino. Ad ogni dettaglio viene riservata una grandissima attenzione! L’addetto distribuisce il sale sulla superficie esterna del pecorino e ripete la salatura più volte nel corso del tempo.fabio
  9. Il pecorino passa nelle stanze di stagionatura, dove riposa su assi di legno, alla temperatura di 10-12°C fino al momento del consumo. Il pecorino fresco riposa 20 giorni minimo e prima dell’immissione sul mercato viene trattato con un leggero antimuffa; quello stagionato rimane in cella almeno 4 mesi, durante i quali la crosta del formaggio viene lavata una sola volta, con acqua, e periodicamente spazzolata a mano per prevenire la formazione di muffe.collage22
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  10. Alla fine del processo di maturazione le forme vengono selezionate per verificare che abbiano tutte le caratteristiche adatte a ricevere il marchio Pecorino Toscano DOP. Quelle che non superano il test saranno commercializzate come semplice pecorino. La marchiatura avviene a fuoco per le forme stagionate e a inchiostro per quelle fresche.blog-tour-pecorino-34
  11. Come ultima tappa, visitiamo il reparto spedizioni e imballaggi, dove i vari tipi di pecorino vengono etichettati e confezionati, pronti per essere spediti in ogni parte del mondo per tenere alto il nome della Toscana.blog-tour-pecorino-35

Ma il blog tour ha ancora una perla in serbo per noi.
Facciamo una piccola passeggiata nel borgo di Roccalbegna, un paese quieto e raccolto dove il tempo sembra essersi fermato e dove ognuno di noi trova motivi di attrazione per scattare qualche foto.

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Poi è il momento di visitare la sede del primo caseificio della famiglia Fiorini, ricavato accanto ad una grotta naturale che veniva usata per stagionare il pecorino. Ed è usata tuttora, ma soltanto per i formaggio più pregiati.
Entriamo curiosi e un po’ timorosi da un uscio che sembra quello di un’abitazione, ma il profumo che subito ci avvolge non lascia dubbi: qui c’è del cacio, e anche molto buono!
Su un lato c’è una parete rocciosa e di fronte ad essa si aprono le stanze che ospitano centinaia di forme di pecorino in attesa di maturare. Difficile descrivere la poesia di un luogo in cui si respira il senso del tempo e dell’attesa, del saper fare, della cura delle materie prime e delle tradizioni.blog-tour-pecorino-47

Poi inizia a parlare Angela. Se ieri era rimasta un po’ in ombra, adesso ci illustra la storia della sua famiglia e del vecchio caseificio. Parla sottovoce, muovendo piano le mani, con quel suo modo pacato e quasi dimesso. Racconta la storia sua e di Simone, i successi conquistati con il loro pecorino e i miglioramenti apportati all’azienda. E l’unico segno di orgoglio è un rapido bagliore nei suoi occhi, che compare fugace e subito si sopisce, quasi a non volersi innalzare troppo.
Angela mi ha colpito molto. Una lavoratrice determinata e risoluta, ma al tempo stesso riflessiva e molto dolce. Con il cuore e l’abilità, che quando vanno a braccetto producono incredibili risultati, lei e Simone hanno saputo portare il loro formaggio a livelli altissimi. Come accade con la Riserva del Fondatore, un pecorino stagionato prodotto in grandi forme da 18-20 kg che ha vinto premi internazionali prestigiosi come il World Cheese Award e Le Mondial du Fromage, facendo onore alla Toscana intera.

Angela apre davanti ai nostri occhi una delle forme giganti di Riserva, e non poteva farci regalo più grande. Un profumo intenso e dolce si sprigiona nella grotta, il formaggio è stagionato e compatto, eppure tenero e quasi solubile al palato. Non ho parole per descriverlo, posso solo spronarvi ad assaggiarlo!blog-tour-pecorino-49

Il nostro tour si conclude così, con una nuova degustazione dei tanti tipi di pecorino prodotti dal caseificio Il Fiorino: stagionati, freschi (il famoso marzolino), aromatizzati allo zafferano, arricchiti con noci. Non c’è che l’imbarazzo della scelta. E insieme ad esse, una strepitosa acquacotta piatto tipico maremmano preparato da Angela, della quale ci siamo avidamente accaparrati la ricetta.

É sempre difficile tirare le fila di giornate intense e ricche di emozioni. Quello che mi colpisce è che, oltre alle nozioni tecniche e alla possibilità di vedere e toccare con mano realtà produttive d’eccellenza e di grande fascino, si ha sempre a che fare con persone che ci accolgono senza riserve, con calore e generosità e ci aprono le porte dei loro mondi.
Quello che emerge dalla realtà dei produttori di Pecorino Toscano è senza dubbio la tutela delle tradizioni e del sapere pratico. Ma altrettanto importante è la tutela di territori spesso marginali e a rischio abbandono, che in questo modo riescono a trovare la propria vocazione e ad essere sfruttati in maniera rispettosa, ricevendo le cure e la manutenzione necessarie alla loro salvaguardia. Per le generazioni future e per noi stessi.

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Per finire in leggerezza, 10 cose che forse non sapete…

  1. La mungitura avviene due volte al giorno, al mattino e alla sera, e il latte non è sempre uguale! Da ottobre a marzo si ha il latte di migliore qualità dal punto di vista nutritivo e organolettico. Ad aprile e fino a giugno aumenta invece la produzione, con un leggero impoverimento del prodotto, mentre nei mesi estivi la quantità si riduce notevolmente.
  2. Spesso la crosta viene unta con olio d’oliva, al fine di isolarla da agenti esterni, oppure può essere strofinata con bucce di pomodoro o vinacce per garantirle un particolare aroma.
  3. La zona di produzione e stagionatura del Pecorino Toscano DOP comprende tutta la Toscana ma anche 2 comuni dell’Umbria e 11 dell’alto Lazio.
  4. Si parla di aromatizzazione quando vengono aggiunti aromi all’interno del formaggio (p. es. tartufo o noci) e di affinamento quando viene trattato all’esterno, p. es. con erbe aromatiche, pomodoro o vinacce.
  5. Il caglio animale proviene dagli stomaci di vitelli, agnelli o capretti, dai quali viene prelevato l’enzima necessario alla coagulazione del latte. Il caglio vegetale, invece, si ottiene da varie sostanze come il latte di fico, il fiore del cardo e i semi del cartamo.
  6. La parola “formaggio” deriva dal greco formos, ovvero il paniere di vimini dove gli antichi mettevano la cagliata a scolare. Il termine “caseario” viene dal latino caseus, dal quale derivano l’inglese cheese, il tedesco käse e lo spagnolo queso.
  7. Il pecorino stagionato è meno grasso e più digeribile di quello fresco, dove gli acidi grassi non hanno avuto tempo di frantumarsi.
  8. Il primo termine che si trova nelle fonti per indicare il pecorino, già nel Settecento, è cacio marzolino, poichè la produzione iniziava nel mese di marzo.
  9. Il Pecorino Toscano contiene una bassa percentuale di sale (meno del 2%), molto inferiore al parmigiano e al pecorino romano.
  10. Nei secoli scorsi, il saper fare un buon formaggio era considerata una dote utile per trovare marito. Ragazze, siete avvertite!

Ringrazio di cuore AIFB, il direttore del Consorzio di tutela del Pecorino Toscano Andrea Righini, l’agenzia RobesPierre che si è occupata dell’organizzazione (nelle persone di Lisa, Massimo, Veronica e Sara). E ancora Angela e Simone, Vania, Fabio e tutte le persone che ci hanno permesso di fare questa bellissima esperienza.

7 risposte a “Il Pecorino Toscano in Maremma: i segreti del fondatore”

  1. Mila ha detto:

    Complimenti per le stupende foto e per aver condiviso con noi questo tour!!!

  2. milesweetdiary ha detto:

    Grazie della condivisione. Chiarissima spiegazione supportata come al solito da foto bellissime. Complimenti davvero a chi ha organizzato egregiamente il tutto e tantissimi anche a te: dietro l’articolo si vede tanto impegno e lavoro.

    • panelibrienuvole ha detto:

      Grazie a te! Mi fa piacere sapete che lo trovi interessante e che apprezzi il lavoro…effettivamente non è stato proprio immediato preparare il post…ma lo faccio con passione! Grazie mille!

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