Un caldo mercoledì di giugno a Londra, la Grande Guerra terminata da poco, una donna trascorre la giornata in attesa del ricevimento che darà la sera stessa. Questa, in sostanza, la trama de “La signora Dalloway”, di Virginia Woolf.
Non che la trama interessi granchè, in effetti. Di eventi ce ne sono pochi, e tutti messi in scena attraverso i pensieri dei personaggi.
Ho sempre creduto che il libro fosse sostanzialmente incentrato sul flusso di coscienza di Clarissa Dalloway, ma in realtà tutti i personaggi ci appaiono attraverso i loro moti interiori piuttosto che con le azioni concrete; alcuni di essi sono legati a Clarissa da relazioni familiari, affettive o professionali, altri sfiorano appena uno dei protagonisti per poi scomparire rapidamente sullo sfondo.
Ognuno di essi ha uno spazio personale, grande o piccolo che sia; di ciascuno sono leggibili i pensieri, le sensazioni, i ricordi che sorgono improvvisi. Pochissimi i dialoghi e le azioni descritte dal narratore, il libro è quasi interamente costituito dai flussi di coscienza dei personaggi, tanto che a volte si fatica a capire chi parla (pensa) e cosa stia accadendo nel mondo delle azioni concrete.
Il personaggio con cui ho sentito più sintonia è effettivamente la signora Dalloway, le cui variazioni d’umore e sfumature dell’animo sono rese con grande sensibilità e accuratezza. Il filo dei suoi pensieri scorre veloce, ad un tratto viene tirato in una direzione imprevista da un particolare, da un evento insignificante e si intreccia, si intrica, si annoda per poi si dipanarsi nello spazio di un sospiro e tornare al tema di partenza, ma di nuovo devia e raggiunge lidi inaspettati. Eppure la lettura non è quasi mai difficile all’interno della mente di Clarissa, scorre veloce e fluida.
Più faticoso è il passaggio dal mondo interiore di un personaggio all’altro: a volte immediato e senza preavviso, può avvenire per mezzo di un oggetto anonimo, una situazione di vita, un gioco di luce prodotto dalle nuvole. Ne nasce una sorta di accavallarsi e trascolorare di voci diverse, ognuna concentrata su se stessa, curiosa o ignara dei sentimenti altrui, come in una scena apparentemente silenziosa in cui tutta la conversazione avviene nella mente dei protagonisti (emblematiche, in questo senso, le pagine ambientate a Regent’s Park).
Sempre attraverso lo sguardo dei suoi personaggi, la Woolf è capace di descrivere scene di rara delicatezza, che mettono a nudo qualità dell’animo umano, solitudini, timori e debolezze.
La Grande Guerra è appena accennata ma drammaticamente vicina, incarnata in un reduce affetto da un’allucinata depressione. Ma è giugno, e a Londra il clima è caldo e sereno; il lettore accompagna i personaggi nei luoghi più noti della città, mentre sbircia nei loro ricordi, nelle fissazioni, nelle anticipazioni e nelle speranze per il futuro. Compaiono Oxford Street e Regent’s Park, Piccadilly e Bond Street, fino allo Strand e Whitehall, e nel percorrerli con la mente si cerca di figurarsi l’aspetto di Londra un secolo fa così come possiamo averlo intravisto in vecchie foto o film in costume.
È un libro riflessivo, poetico, delicato. Tutto incentrato sull’animo umano e sulle sue debolezze. E pagina dopo pagina, tra la dolcezza della prosa della Woolf e un passato che a poco a poco si ricompone dai frammenti apportati dai singoli, emerge la compassione per l’umanità, e la difficoltà che tutti abbiamo a leggere dentro noi stessi e a capire i nostri sentimenti.
“Una folata di vento (l’aria era mossa, malgrado il caldo) soffiò sul sole e sullo Strand un sottile velo nero. I visi si scolorirono; gli autobus persero d’un tratto la loro lucentezza. Le nubi avevano sì un aspetto di candide montagne, tanto che pareva di poterne tagliar via i macigni con l’accetta; montagne dai fianchi rivestiti di larghi pendii dorati, di celestiali prati fioriti, che parevano lì per offrire dimora a un consesso di dei dominatori del mondo: si trovavano continuamente in moto. Si scambiavano segnali, quasi a completare in disegno già predisposto: ora una cima rimpiccioliva, ora un intero blocco, enorme come una piramide, finora rimasto immoto, si metteva in cammino, o gravemente apriva il corteo verso altri lidi. Pur sembrando inamovibili, riposanti in unione perfetta, non si poteva imamginare nulla di più innocente, libero, sensibile di quelle distese bianche come la neve o screziate d’oro. Trasformarsi, viaggiare, smantellare la solenne struttura, tutto pareva possibile; e malgrado l’austera fissità, l’accumulata robustezza e la solidità dell’edificio, sulla terra esso irradiava ora luce, ora ombra.”
LA SIGNORA DALLOWAY
Autore: Virginia Woolf
Editore: Mondadori
Anno: 1925
Pagine: 196
Prezzo: 9 euro
Con questo post partecipo
alla sfida di lettura “Un classico al mese” indetta dal blog Storie dentro storie.
Sembra molto carino….
Anche io parlo di libri… se ti va passa a trovarmi! Luna
Sì, sono già venuta a trovarti…e tornerò! 🙂
L’ho letto anch’io: mi è piaciuto molto! 🙂
Credo sia un romanzo molto…femminile! 🙂
Molto bello questo libro. L’ho letto anni fa dopo aver visto il film The hours dedicato a Virginia Woolf. Te lo consiglio se non l’hai visto. Si parla molto del romanzo e Mrs. Dalloway è interpretata da Meryl Streep (che io adoro). Ottima scelta. La recensione del mio classico sarà sul blog giovedì!
Avevo sentito parlare del film quando è uscito ma non l’ho visto. Dopo questo libro, però mi stavo chiedendo se valesse la pena vederlo…adesso ho avuto la conferma! Lo farò al più presto, grazie!
Non ho mai letto nulla di Virginia Woolf, però potrei sempre farlo 🙂
Ti ho lasciato un premio sul mio blog: https://seunanottedinvernounlettore.wordpress.com/2013/04/07/nuovo-premio-blogger-simpatico/
Buona domenica! 😀