Certo, un po’ di disappunto, a leggere “Mondo senza fine” di Ken Follett, lo si prova. Se non altro per il profluvio di luoghi comuni – soprattutto nei rapporti tra uomo e donna – che vi fa venire voglia di prendere l’autore per le spalle e scuoterlo vigorosamente per vedere se si ripiglia. (Per non parlare della rappresentazione della Firenze trecentesca e dei suoi abitanti: il trionfo dello stereotipo più trito… A dir poco irritante.)
O per le rappresentazioni di sexual intercourses, brevi ma ricorrenti e in quello che penso sia il perfetto stile Harmony, che ben prima di metà libro vi fanno cadere le braccia e scorrere sbuffando alle righe successive.
O ancora per la psicologia appiattita dei personaggi, che sembrano avere qualità e difetti attaccati addosso come post-it e agire in maniera totalmente schematica, tranne poi essere preda di repentini quanto ingiustificati cambiamenti di stati d’animo e risoluzioni. E nel corso di 40 anni non cambiano mai, sempre uguali a se stessi: sin da quando compaiono – bimbetti – nelle prime pagine è perfettamente chiaro che genere di adulti diventeranno e tutti gli eventi successivi non fanno che rafforzarne i caratteri, attribuiti loro dallo scrittore-demiurgo.
L’intreccio narrativo prevede numerosi colpi di scena, ma di fatto tende a ripercorrere schemi ripetitivi, con i cattivi sempre più cattivi e i buoni sempre più in difficoltà, e tutto sommato ricorda molto – troppo – “I pilastri della terra”. Ma sapevo già che sarebbe stato così; da un sequel del genere non è lecito attendersi di più. In fondo, non si parla mica di letteratura. Però anche l’intrattenimento bisogna saperlo fare e a me pare che Follett, qui, ci prenda un po’ per i fondelli.
E poi è lungo, troppo lungo. Immagino sia una condizione imposta dall’editore, altrimenti non si spiega perché tirarla per oltre 1300 pagine. Arrivi in fondo e pensi: e per vivere felici e contenti c’era bisogno di tutto questo casino? Va bene l’avventura e l’eroe che supera mille difficoltà, ma anche un po’ meno bastava.
Tra l’altro non si capisce perché “Mondo senza fine”. Ok, è la traduzione letterale del titolo originale, che in inglese corrisponde però ad un verso del Padre Nostro, quello che da noi recita “nei secoli dei secoli”. E allora perché non usare quello, semplicemente? Sarebbe stato molto più significativo per il lettore, nonché decisamente più sensato.
Però (e forse è proprio questo il trucco, che fa la differenza tra uno scrittore di romanzi mediamente noti e un bestseller seriale) quando lo finisci un po’ ti manca. Ti mancano i personaggi, sebbene così stereotipati, e ti manca Kingsbridge, con le sue viuzze, il famigerato ponte e l’isola sul fiume. E ti manca tutto quel mondo grondante medievalità, che sarà anche tratteggiato in maniera banale, ma in fondo in fondo ci sguazzavi a meraviglia.
Perché anche se a volte lo fa in maniera grossolana, tuttavia Follett prosegue così a lungo la finzione che ti ci trovi immersa tuo malgrado, e allora avresti soltanto voglia di visitare cattedrali gotiche e partecipare a rievocazioni medievali e studiare l’epoca dei Plantageneti. Soprattutto se sei malata di anglofilia.
Ecco, quello che c’è di bello è che a volte l’autore è così didascalico che ti fa vedere in dettaglio l’abbigliamento, gli strumenti ed utensili, gli alloggi e le condizioni di vita, e tutto ciò che rende la Storia viva e più vicina. Non per ultima, la ricostruzione dell’alimentazione; non so quali fonti abbia utilizzato Follett, ma il ricorrere di stufati di montone, agnelli alla menta e pasticci di maiale ha stuzzicato le mie papille gustative e la mia fantasia gastronomica. Giusto per non smentirmi mai.
MONDO SENZA FINE
Autore: Ken Follett
Editore: Mondadori
Anno: 2007
Pagine: 1367
Prezzo: 20 euro